Acquisto casa senza certificato di agibilità

Cosa succede al contratto di compravendita immobiliare se manca l’agibilità? Si può chiedere l’annullamento?

Nella compravendita di immobili, l’assenza del certificato di agibilità incide sulla validità del contratto rendendolo nullo. La nullità è un vizio particolarmente grave, potendo essere fatta valere in qualsiasi momento, senza limiti di tempo, da chiunque vi abbia interesse (ad esempio anche dai successivi titolari del bene). Un contratto nullo è come se non fosse mai esistito: esso quindi non produce alcun effetto giuridico. Ma come prevenire tali problemi? In questo articolo ci occuperemo appunto dell’acquisto di casa senza certificato di agibilità. Vedremo in quali ipotesi l’acquirente può agire contro il venditore per chiedere la risoluzione del contratto (ossia lo scioglimento) e quando invece tale azione gli è preclusa. Ma procediamo con ordine.

È valida la vendita se la casa non ha l’agibilità?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23604/2023, ha chiarito che la mancanza del certificato di agibilità comporta la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore solo se tale omissione è considerata grave, ovvero se influisce notevolmente sugli interessi dell’acquirente riguardo all’acquisto. La  gravità è valutata dal giudice caso per caso, tenendo conto dell’utilità e della commerciabilità dell’immobile.

Le ripercussioni dell’assenza del certificato di agibilità variano in base alla possibilità di sanare o meno le non conformità riscontrate. Se i requisiti mancanti (igienico-sanitari, di sicurezza, di risparmio energetico) rendono l’immobile inagibile in modo irrimediabile, compromettendo la sua funzionalità e l’utilità per l’acquirente, quest’ultimo può richiedere la risoluzione del contratto. Tale scenario viene definito dai tecnici del diritto come una “vendita di aliud pro alio”, il che ricorre quando il bene venduto è sostanzialmente diverso da quanto pattuito o non possiede le caratteristiche necessarie per soddisfare le esigenze dell’acquirente.

Diversamente, se le carenze riscontrate sono sanabili, la situazione cambia. Si parla a riguardo di un semplice vizio dell’immobile venduto. In tale contesto, i difetti, essendo rimediabili, non influiscono sulla funzionalità essenziale del bene né sulla sua destinazione. Di conseguenza, si applicano le norme civili relative ai vizi della cosa venduta, permettendo all’acquirente di chiedere la risoluzione del contratto o una riduzione del prezzo di acquisto.

È fondamentale per chi compra una casa assicurarsi dell’esistenza e della conformità del certificato di agibilità per evitare complicazioni legali e proteggere il proprio investimento. Ma è chiaro che, se l’acquirente era a conoscenza del difetto dell’immobile (difetto che andrà riportato sul rogito) e quindi lo ha acquistato coscientemente, la compravendita è valida.

Che succede se il certificato di agibilità non viene allegato all’atto di compravendita?

Diversa, infine, è l’ipotesi in cui non sussiste materialmente il certificato di agibilità (perché non è stato mai richiesto o perché non allegato al rogito notarile) ma l’immobile possiede i requisiti di conformità igienico-sanitaria, di sicurezza e di risparmio energetico volti a rendere la casa agibile. In tal caso il contratto è valido. L’acquirente quindi non può chiedere la risoluzione del contratto, visto che l’inadempimento del venditore non è tanto grave da incidere sugli interessi dell’acquirente. Quest’ultimo potrà chiedere solo un risarcimento del danno, ad esempio per i costi sostenuti per procurarsi detto documento.

Il notaio è responsabile se manca l’agibilità?

Secondo la Cassazione (sent. n. 23604/2023), non spetta al notaio verificare se c’è o meno l’agibilità, potendo solo limitarsi a segnalarlo alle parti. Tuttavia, egli è tenuto a rogare il contratto di compravendita. È dunque onere del venditore allegare il certificato e dell’acquirente controllare che esso sussista e sia regolare.

Che succede se manca la conformità catastale?

L’assenza del certificato di agibilità non è l’unico elemento che può influenzare la validità di un contratto di compravendita immobiliare. È essenziale che le condizioni reali dell’immobile coincidano con le informazioni registrate in catasto, incluse la planimetria e i dati catastali.

Secondo l’articolo 29 della Legge n. 52 del 27 febbraio 1985, un contratto di compravendita di un’unità immobiliare urbana è nullo se non include l’identificazione e le planimetrie catastali, oltre a una dichiarazione di conformità di queste ultime e dei dati catastali allo stato effettivo dell’immobile.

La conformità catastale si articola in due aspetti fondamentali:

  • la conformità oggettiva: assicura la corrispondenza tra lo stato reale dell’immobile e la sua rappresentazione in catasto;
  • la conformità soggettiva: verifica l’identità tra il venditore e l’intestatario catastale dell’immobile.

La mancata conformità catastale (ossia l’assenza di una completa rispondenza tra stato effettivo dell’immobile e informazioni contenute nei documenti catastali) può portare alla nullità del contratto di compravendita, per prevenire e sanzionare discrepanze tra lo stato dell’immobile e le informazioni catastali, incluse eventuali violazioni urbanistiche, come stabilito dalla Cassazione nella sentenza 3089/2020.

Per quanto riguarda la conformità urbanistica, che si riferisce alla corrispondenza del bene con le autorizzazioni edilizie per costruzione o ristrutturazione, un contratto non è automaticamente nullo in caso di irregolarità. La Cassazione, con la sentenza n. 8230 del 22 marzo 2019, ha precisato che la nullità si verifica solo se :

  • i titoli edilizi non sono citati nel contratto;
  • se citati, non sono autentici o riferibili all’immobile in questione.

La responsabilità della verifica della conformità catastale e urbanistica ricade sulle parti coinvolte: il venditore deve dichiarare, e l’acquirente verificare, la corrispondenza tra lo stato dell’immobile e i dati catastali, nonché l’autenticità e la pertinenza dei titoli edilizi. È importante notare che il notaio non è responsabile di tali verifiche, sebbene rimanga l’obbligo di effettuare controlli ipocatastali sul bene trasferito.

fonte laleggepertutti.it

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